Vitalità linguistica e giochi digitali
18 Settembre 2023Dal 24 al 27 luglio 2023, per conto dell’unità trentina del progetto PRIN AlpiLink, acronimo di Lingue alpine in contatto, mi sono recato a Luserna per supportare la compilazione del questionario previsto all’interno del nuovo progetto.
Benché AlpiLink sia una piattaforma digitale basata sul crowdsourcing ovvero sulla partecipazione volontaria degli informanti che, in autonomia, collaborano alla raccolta dati, la presenza del linguista nell’area di indagine è, almeno nelle prime fasi della ricerca, un elemento importante. In questo modo i parlanti, oltre a essere maggiormente stimolati a offrire il proprio contributo, possono contare sull’assistenza di un esperto sia per sciogliere eventuali dubbi sulle domande / risposte da fornire sia per muoversi correttamente nell’infrastruttura del sito.
La prima giornata di indagine ha avuto carattere “ricognitivo”: ho conosciuto i membri del Kulturinstitut Lusérn, i quali, dopo aver ricevuto alcune delucidazioni sulle caratteristiche e sulle finalità della raccolta, si sono immediatamente attivati per il reperimento degli informanti.
Dal 25 al 27 luglio ha invece avuto luogo, presso la sede del Kulturinstitut Lusérn, l’inchiesta linguistica vera e propria. A essa hanno partecipato 12 parlanti, nello specifico 6 maschi (M) e 6 femmine (F) con un range d’età compreso tra i 75 e i 17 anni. In base a un calcolo aritmetico, si è individuata per il gruppo M un’età media di 43,83 anni e per il gruppo F una di 47,33 anni.
L’equa distribuzione degli informanti per sesso e classe generazionale potrà permettere, al momento dell’analisi linguistica, un’attenta valutazione di eventuali fenomeni di variazione diagenerica e diagenerazionale. In questa sede, tuttavia, ci limiteremo a fornire alcune considerazioni “impressionistiche” su una serie di risposte fornite dai partecipanti.
Anzitutto, vale la pena sottolineare che tra i parlanti non si sono registrate grosse differenze nelle percentuali di risposta ai diversi task. In generale, i locutori hanno portato a termine il questionario fornendo campioni di parlato per ciascuno stimolo. A questa tendenza si sono sottratti alcuni degli intervistati più giovani, che però hanno lasciato inevasi soltanto pochi compiti di traduzione, specie quando le frasi da tradurre contenevano voci per le quali era difficile trovare un corrispettivo in cimbro (si pensi ad “aiuola” presente nello stimolo S02 “Zappa quest’aiuola, l’altra falla dopo”) . Dal momento che per questi esempi ho registrato incertezze anche tra i parlanti più anziani, si potrebbe inferire che la trasmissione intergenerazionale della lingua si mantenga su standard piuttosto elevati e che la competenza grammaticale dei soggetti <30 anni differisca poco da quella degli informanti anziani.
Quanto agli ambiti d’uso della lingua di minoranza, è significativo che 7 parlanti abbiano dichiarato di usare il cimbro in forma scritta, specie attraverso app di messaggistica quali WhatsApp e Messenger, nelle comunicazioni informali con parenti e/o amici. Va però considerato che solo 3 parlanti (per di più > 50 anni) hanno affermato di scrivere in cimbro in contesti formali e informali; al contrario, dei 2 soggetti più giovani uno ha asserito di scrivere in cimbro raramente, l’altro di non impiegarlo mai come lingua scritta. Tale quadro è in linea con quanto le indagini di AlpiLink hanno documentato per altre lingue di minoranza (ladino, occitano, tirolese) e non contraddice necessariamente i risultati dell’inchiesta CLaM 2021 relativi alle pratiche d’uso scritto del cimbro. Il fatto che nel questionario CLaM solo il 32% degli intervistati abbia dichiarato di saper scrivere il cimbro non significa, infatti, che il resto dei membri della comunità non utilizzi mai la propria lingua in forma scritta. Più verosimilmente, la maggior parte dei parlanti, pur non conoscendo le norme ortografiche del cimbro, è comunque in grado di renderlo graficamente, per quanto in modo impreciso e in poche occasioni informali.
Infine, per quel che concerne le altre lingue presenti nel proprio repertorio individuale, 7 parlanti su 12 hanno dichiarato di conoscere il “dialetto trentino”. Con questa etichetta i cimbri si riferiscono al cosiddetto trentino centrale, in particolare alle varietà di Lavarone, Levico e Caldonazzo, a stretto contatto storico-geografico col cimbro. Tali varietà sono poco usate nelle comunicazioni con altri cimbrofoni. Considerato che l’intera comunità ha una competenza attiva e passiva dell’italiano, sembra dunque profilarsi una situazione di trilinguismo, con l’italiano a rivestire il ruolo di acroletto e cimbro / dialetti romanzi situati al polo inferiore del repertorio.
Michele Cosentino